Passa ai contenuti principali

LA STRADA ITALIANA DEL "GREN PASS": una forzatura legislativa in violazione dei principi costituzionali, delle indicazioni europee e delle norme in materia di Privacy.

Sull'obbligo di vaccinazione ho già espresso le mie considerazioni etiche e giuridiche commentando (https://bit.ly/3rFuTfG) l'art. 4 del D.L.44/2021, che ha introdotto l'obbligo - rectius - la condizione della vaccinazione per l'esercizio delle professioni sanitarie.

Dopo questa prima forzatura normativa la politica ha ulteriormente esteso - sempre indirettamente - l'obbligo di vaccinazione, ponendolo quale condizione per l’accesso a determinate attività e servizi. Dal 6 agosto per accedere a bar e ristoranti, con l’eccezione dei dehors, nonché a impianti sportivi e a eventi culturali e di spettacolo sarà necessario esibire la “certificazione verde COVID-19”, il cosiddetto “Green Pass”, ossia l'attestato che dimostra di avere effettuato la vaccinazione anti COVID-19 oppure di essere guarito dalla malattia o ancora di avere effettuato un tampone con esito negativo nelle 48 ore precedenti. Le uniche deroghe sono previste per coloro i quali non rientrano nel piano vaccinale - gli infra dodicenni - e per coloro che a causa di motivi di salute non possono sottoporsi a vaccinazione.

Tale costruzione o più correttamente aberrazione giuridica pur fondandosi sulla legislazione dell'emergenza sanitaria è in realtà una scelta politica adottata senza alcun presupposto sanitario e in violazione dei ben noti principi costituzionali, nonché della stessa volontà espressa dall'Unione Europea all’atto dell’istituzione del passaporto vaccinale, nonché dei principi di protezione e garanzia dei dati personali sensibili.


Le violazioni Costituzionali

a) L’art. 77 Costituzione - La pubblicazione del D.L. 105/21 viola le regole delle procedure della democrazia, improntata alla suddivisione dei poteri tra Parlamento e Governo. L’art. 77 della Costituzione consente al Governo di emanare provvedimenti legislativi provvisori solo “In casi straordinari di necessità e d'urgenza”. E’ di tutta evidenza che il Decreto Legge n°105/21, pubblicato il 23 luglio, non riveste i caratteri di urgenza, in quanto l'entrata in vigore del Green Pass per espressa previsione normativa (art. 3 c. 4), oltre ad essere posticipata al 6 agosto, necessita anche di successivi atti amministrativi (DPCM) per essere applicato .

Anche l'altro presupposto, la necessità, è tutt'altro che pacifico. Infatti, l'andamento della epidemia da COVID-19 è in fase di netto contenimento, tant'è che tutta l’Italia è in “zona bianca” e tutte le attività - con l’eccezione dei locali da ballo - sono operative. Non vi è, dunque, una necessità sopravvenuta poiché la situazione dell’epidemia odierna è la medesima dal 28 giugno scorso. In applicazione dei principi sanciti dall’art. 77 il Presidente della Repubblica non avrebbe dovuto firmare il DL 105/21, poiché è sua prerogativa verificare se esistono i presupposti di necessità e urgenza per il varo di un decreto da parte del Governo. La storia repubblicana ha più di un precedente di decreti legge bloccati dal Quirinale: dal Decreto sul controllo delle firme sui referendum bloccato dal Presidente Pertini a quello del caso Englaro bloccato dal Presidente Napolitano.

b) L’art. 16 Costituzione - L’art. 3 del D.L. 105/2021, consentendo l’accesso a determinati servizi e attività “esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19”, viola il diritto alla libertà di circolazione sancito dall'articolo 16 della Costituzione.

Infatti, sebbene la norma costituzionale ammetta la possibilità di limitazioni “In via generale per motivi di sanità o di sicurezza”, queste devono avere caratteristiche tali da non determinare discriminazioni contro singoli o contro gruppi (Corte Cost. sent. 68/1964). Secondo l’orientamento della Corte Costituzionale le limitazioni per essere praticate devono essere incentrate su motivi oggettivi e nel caso si riferiscano a casi individuali devono essere consequenziali a valutazioni di carattere medico-diagnostico personale. La norma costituzionale, inoltre, precisa che nessuna restrizione della libertà di circolazione può essere intrapresa per ragioni politiche.

Le limitazioni alla libertà di movimento introdotte dal D.L.105/2015 viola entrambi i precetti dell'articolo 16 della Costituzione. Infatti, in assenza di situazioni di recrudescenza della pandemia e dunque in assenza di evidenze oggettive medico-sanitarie la decisione è totalmente motivata da ragioni politiche. Il Governo, infatti, nella consapevolezza di non poter imporre un obbligo diretto di vaccinazione - stante la sperimentalità dei vaccini anti COVID-19 – utilizza uno strumento di pressione indiretta alla vaccinazione, la quale è stata posta quale condizione per l'esercizio della professione sanitaria e ora quale condizione per l'accesso a determinate attività e servizi.
 

La violazione del Regolamento UE 953/2021

L’Europa con il Regolamento 953/2021, entrato in vigore il 1º luglio 2021, ha fissato le regole per il rilascio da parte dei singoli stati delle certificazioni vaccinali COVID-19.

Il “considerando n° 36” del Regolamento recita “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l'opportunità di essere vaccinate oppure hanno scelto di non vaccinarsi. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione ... non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l'esercizio del diritto di libera circolazione o per l'utilizzo di servizi di trasporto …

A titolo di curiosità va segnalato che la traduzione in italiano del testo ufficiale, quello inglese, per una curiosa fatalità ha omesso di riportare il seguente passaggio “oppure hanno scelto di non vaccinarsi”, che compare nel testo ufficiale che mantiene tutta la sua efficacia a prescindere dall'errore omissivo di traduzione.

Il divieto di ogni discriminazione alla libera circolazione nell'uso delle certificazioni COVID- 19 è poi ribadito dal Regolamento sia all'art. 3 comma 6 “Il possesso dei certificati di cui al paragrafo 1 non costituisce una condizione preliminare per l'esercizio del diritto di libera circolazione”., sia all’art. 10 ove si precisa che il Pass Green è finalizzato ad “agevolare l'esercizio del diritto di libera circolazione all'interno dell'Unione durante la pandemia di COVID-19”.

Va infine ricordato che il Regolamento UE, così come definito nell’art. 288 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), “è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”.

Il DL 105/2021 nel disciplinare l'uso del certificato vaccinale, anziché attenersi ai principi sanciti dal Regolamento UE 953/2021, lo utilizza per impedire - in assenza di aggravamento degli indici pandemici - la libera circolazione della popolazione non vaccinata. Le indicazioni europee invece vanno nella direzione opposta, prevedendo che in caso di restrizioni alla libertà di circolazione dovute all’aggravarsi della situazione sanitaria il passaporto vaccinale consenta ai soggetti in suo possesso di mantenere una maggiore mobilità.

Le violazioni del diritto dell’Unione europea operata dal D.L. 105/2021 espone l’Italia al rischio di giudizio di responsabilità innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.


La lesione della Privacy

Il trattamento dei dati sanitari in situazione di emergenza è regolamentato dall’art. 9 par. 2 lett. i) del GDPR, che consente deroghe al generale divieto di trattare “categorie particolari di dati” quando: "il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute”. L’ art. 17 bis. del D.L. 17/03/2020, n. 18 deroga ulteriormente, prevedendo che il Servizio Sanitario Nazionale e la Protezione Civile possano attuare una disciplina semplificata per la gestione dei dati personali rispetto all’iter di cui all’art. 9 par. 2 lett. i) in relazione all’emergenza COVID-19. Il comma 4 dell’art. 17 bis estende ulteriormente la deregolarizzazione consentendo che SSN e Protezione Civile possano conferire le autorizzazioni di cui all'articolo 2-quaterdecies del Codice della Protezione Civile (D.Lgs. 196/2003) con modalità semplificate, anche oralmente, “a persone fisiche, espressamente designate, che operano sotto la loro autorità”. Qui finiscono le abbondanti deroghe alla protezione e tutela dei dati personali nel nome del superiore interesse pubblico di tutela sanitaria.

Il DL 105/2021 si spinge ben oltre alle sopra richiamate deroghe e, senza peraltro fondarsi su alcun costrutto giuridico, investe di improbabili responsabilità e poteri con l’art. 3 c. 4 “i titolari o i gestori dei servizi e delle attività di cui al comma 1 [i quali] sono tenuti a verificare che l'accesso ai predetti servizi attività avvenga nel rispetto delle prescrizioni”.

E’ di tutta evidenza che tali soggetti imprenditoriali non hanno titolo giuridico alcuno per poter procedere alla gestione di dati personali di tipo sanitario. Costoro per poter adempiere a quanto imposto dalla norma in esame dovrebbero “essere espressamente designati” e operare sotto l'autorità del SSN o della Protezione Civile; così, infatti, sancisce, l’art. 2-quaterdecies del D.lgs 196/2003.

La funzione del controllo impropriamente delegata dal D.L. 105/2021 a gestori e titolari delle attività soggette a limitazione di accesso e riservate ai soli possessori della certificazione di vaccinazione anti COVID-19, oltre ad essere illegittima rispetto alla normativa della privacy, non è applicabile anche da un punto di vista di principi dell'ordinamento giuridico, in quanto verrebbe richiesto a soggetti privati di svolgere funzioni di pubblico ufficiale, che sicuramente non possono svolgere, o di incaricato di pubblico servizio, categoria nella quale salvo ulteriori e fantasiose disposizioni legislative sicuramente non hanno titolo per rientrarvi.

Al di là di queste macroscopiche illegittimità, va considerato anche l'aspetto pratico operativo, di attività ove il titolare, non sempre potendo essere presente per tale incombenza di controllo (si pensi al gestore che svolge attività di cuoco), dovrebbe delegarla a sua volta al proprio personale dipendente, innescando tutta la complessità del GDPR in punto deleghe, peraltro non attuabili nel caso di specie. Tale delega non è praticabile, non solo per l'impostazione del GDPR, ma anche perché il D.L. 105/2021, anziché limitarsi a dichiarare i titolari e i gestori responsabili dei controlli, prescrive che siano loro stessi ad effettuarli.



Il ritorno alla società delle classi chiuse e la fine dello Stato di diritto

Non vi sono allo stato attuale i presupposti costituzionali che consentano di far prevalere l'interesse pubblico sulla scelta individuale. Il diritto a non vaccinarsi in questo contesto - da non confondersi con le posizioni oltranziste “No Vax”, a cui ultimamente si sono affiancate quelle altrettanto radicali dei “Sì Vax” - è espressione del principio del “consenso informato”.

A fronte della sperimentalità del vaccino anti COVID-19 e di conseguenza delle incertezze su suoi possibili indesiderati effetti sul medio lungo periodo, l'imposizione politica di porre la condizione del vaccino quale presupposto alla libertà di esprimere appieno i propri diritti è sicuramente in violazione dei principi costituzionali e dell'etica giuridica.

L'istituzione del Green Pass con le modalità e le finalità di cui all’art. 9 D.L. 52/21, così come modificato dal D.L. 105/21, pone fine al principio giusnaturalistico di uguaglianza, che ha caratterizzato dalla rivoluzione francese in poi tutta l'epoca moderna. E’, infatti, un ritorno alle “classi sociali” chiuse, un tempo predeterminate sin dalla nascita e ora invece definite nel nome di una presunta “Ragione” medico-sociale. I diritti, nell'antichità greca e romana e poi ancora in tempi più recenti durante le monarchie assolute, non erano uguali per tutti, ma erano differenziati in base alle classi di appartenenza le quali erano sovente definite dal potere regnante.

Con il Green Pass viene archiviato e demolito il principio dei diritti individuali innati e si ritorna all’antico: ai titoli nobiliari, una volta, sanitari o presunti tali oggi.

Commenti

  1. Ho letto con attenzione il vostro scritto dal quale si evince che il D.L 52/21 poi mod. dal D.L. 105/21 viola sia diritti sanciti dalla Costituzione sia regolamenti U.E , e mi chiedo come mai allora non vi è modo legale di opporvisi . Io sono dipendente di una azienda privata , e se passerà il nuovo green pass sarò costretto a vaccinarmi , pena la mancata abilitazione al lavoro, e dovrò anche firmare la liberatoria come se lo facessi volontariamente. Cosa dovrei fare dunque essendo il lavoro sostentamento per me è la mia famiglia ?

    RispondiElimina

Posta un commento

AGGIORNAMENTI

Se vuoi ricevere le notizie dal sito inserisci il tuo indirizzo e-mail:

Post popolari in questo blog

IL TRIBUNALE DI VELLETRI BOCCIA L'OBBLIGO DEL VACCINO COVID PER LAVORARE

Il giudice pronunciandosi definitivamente con Ordinanza del 14/12/2021, nel riconoscere l'interesse costituzionalmente prevalente della salute pubblica, ha peraltro evidenziato che la stessa è messa a rischio in maniera uguale sia dal vaccinato, sia dal non vaccinato. Ne consegue che l'obbligo di vaccinazione imposto dal DL44/2021 quale requisito professionale richiesto ai sanitari - ora esteso dal DL172/2021 anche a altre categorie - per accedere all'attività lavorativa costituisce una discriminazione sugli altri diritti (dignità, lavoro, sussistenza ...) tutelati dalla Costituzione. I principi giuridici e medico scientifici espressi nell'Ordinanza del Giudice sono d'altronde confermati dalla Circolare del Ministro alla Salute Speranza datata 14/12/2021, nella quale si richiede il tampone anche ai vaccinati per entrare in Italia. Il vaccino, dunque, rimane uno dei rimedi per combattere il COVID, ma perde ogni presupposto per poter essere posto quale discrimine al

RISARCIMENTO DEL DANNO E RIVALSA DEL DATORE DI LAVORO

Il Datore di lavoro ha il diritto di essere risarcito nel caso della sospensione temporanea della prestazione lavorativa del dipendente dovute a qualunque fatto imputabile a responsabilità di terzi. Rientrano tra queste ipotesi i casi più disparati dall'incidente stradale, al morso di animale in custodia, all'intossicazione alimentare in un ristorante, ecc.. Gli esborsi sostenuti per retribuzioni e contributi corrisposti a dipendenti durante il periodo di inabilità temporanea conseguente ad infortunio extra lavorativo - quindi senza ricevere il corrispettivo costituito dalle prestazioni lavorative - integrano per il datore di lavoro un danno, che si ricollega con nesso di causalità a

SANZIONI E OBBLIGO VACCINALE - Ricorso al Giudice di Pace ?

Dal 1° dicembre sono in notifica le sanzioni previste dall'art. 4 sexies del D.L. 44/2021 ai soggetti che, rientrando nelle categorie obbligate (ultra cinquantenni, sanitari, Forze dell’Ordine, soccorso pubblico, insegnanti) non abbiano iniziato al 15 giugno 2022 il ciclo vaccinale anti SARS-CoV-2. Nel D.L. 162 del 31/10/2022 da convertire in legge entro il 30 dicembre, il Governo ha inserito un emendamento con cui si dispone che <<sono sospesi le attività e i procedimenti di irrogazione delle sanzioni>> per l'omissione dell'obbligo vaccinale. La norma così scritta si riferisce esclusivamente all'attività amministrativa del procedimento sanzionatorio, ossia la postalizzazione degli Avvisi di Addebito da parte dell'Agenzia delle Entrate, e non al procedimento giudiziario di contestazione delle notifiche già effettuate. Pertanto, se la norma non verrà integrata con un'esplicita sospensione dei termini di opposizione delle sanzioni già inviate, è neces