L'ordinanza a firma congiunta del Ministro della Salute e del Ministro dell'Interno passerà alla storia per essere il provvedimento con vita più breve della Repubblica Italiana, meno di 24 ore.
Emanata nel tardo pomeriggio di domenica 22 Marzo e subito pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ha cessato di avere effetto il giorno successivo in quanto l'articolato è stato inglobato nel DPCM 22/3/2020, che è entrato in vigore il 23 marzo.
Il provvedimento non contiene grandi novità salvo creare ulteriori confusioni sulle limitazioni agli spostamenti, già regolamentati dai DPCM 8 e 9 marzo.
Nell'Ordinanza viene ribadito il divieto agli spostamenti “a tutte le persone fisiche”.
Il divieto non è riferito al comune di residenza o domicilio, bensì a quello “diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”. L'articolazione del periodo non aiuta certamente a capire; la punteggiatura non è sicuramente di quelle più corrette e i fraintendimenti si sprecano. Infatti, l’ “assoluta urgenza” non si capisce se sia una motivazione a se stante o sia da riferire esclusivamente alle esigenze lavorative, limitandole così a eccezione nell'eccezione.
I due ministri sembrano ignorare che l'Italia è costituita da oltre 8mila comuni, alcuni di dimensioni piccolissime e privi addirittura di esercizi commerciali di generi alimentari; l'ordinanza dimentica che le normali necessità di approvvigionamento, nei comuni più piccoli comportano necessariamente per i cittadini lo spostamento nei comuni vicini. In tal caso i cittadini, se fermati per un controllo da parte delle forze di polizia, dovranno specificare nell'autocertificazione la particolare situazione presente nel loro micro comune, dal quale necessariamente hanno dovuto uscire. L'acquisto di generi alimentari in tal caso rientra senz'altro nelle eccezioni di mobilità intercomunale previste nell'Ordinanza, poiché configura indiscutibilmente una "assoluta urgenza" oltre ad essere "Motivo di salute".
I diritti costituzionali non possono essere compressi o addirittura sospesi con provvedimenti amministrativi quali sono i DPCM e ancor meno da Ordinanze di Ministro o di Presidente di regione.
La certezza del diritto necessita di regole anche durante le situazioni di emergenza; vi sono limiti che non possono essere travalicati, pena il caos normativo e la morte dello Stato di diritto.
Emanata nel tardo pomeriggio di domenica 22 Marzo e subito pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ha cessato di avere effetto il giorno successivo in quanto l'articolato è stato inglobato nel DPCM 22/3/2020, che è entrato in vigore il 23 marzo.
Il provvedimento non contiene grandi novità salvo creare ulteriori confusioni sulle limitazioni agli spostamenti, già regolamentati dai DPCM 8 e 9 marzo.
Nell'Ordinanza viene ribadito il divieto agli spostamenti “a tutte le persone fisiche”.
Il divieto non è riferito al comune di residenza o domicilio, bensì a quello “diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”. L'articolazione del periodo non aiuta certamente a capire; la punteggiatura non è sicuramente di quelle più corrette e i fraintendimenti si sprecano. Infatti, l’ “assoluta urgenza” non si capisce se sia una motivazione a se stante o sia da riferire esclusivamente alle esigenze lavorative, limitandole così a eccezione nell'eccezione.
I due ministri sembrano ignorare che l'Italia è costituita da oltre 8mila comuni, alcuni di dimensioni piccolissime e privi addirittura di esercizi commerciali di generi alimentari; l'ordinanza dimentica che le normali necessità di approvvigionamento, nei comuni più piccoli comportano necessariamente per i cittadini lo spostamento nei comuni vicini. In tal caso i cittadini, se fermati per un controllo da parte delle forze di polizia, dovranno specificare nell'autocertificazione la particolare situazione presente nel loro micro comune, dal quale necessariamente hanno dovuto uscire. L'acquisto di generi alimentari in tal caso rientra senz'altro nelle eccezioni di mobilità intercomunale previste nell'Ordinanza, poiché configura indiscutibilmente una "assoluta urgenza" oltre ad essere "Motivo di salute".
I diritti costituzionali non possono essere compressi o addirittura sospesi con provvedimenti amministrativi quali sono i DPCM e ancor meno da Ordinanze di Ministro o di Presidente di regione.
La certezza del diritto necessita di regole anche durante le situazioni di emergenza; vi sono limiti che non possono essere travalicati, pena il caos normativo e la morte dello Stato di diritto.
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